Alcuni Modelli di riferimento nel Viaggio tra le mura di Casa Atelier

QUALI TRACCE E QUALI SENTIERI: ALCUNI MODELLI DI RIFERIMENTO NEL VIAGGIO TRA LE MURA DI CASA ATELIER

La creatività

Riprendo dalla breve esperienza descritta sopra “PAUL KLEE e i NON SO DISEGNARE che ci appartengono” per partire dai bambini. E dai bambini che siamo stati prima di diventare adulti. Da una parte ci sono i bambini che dalla più tenera età ci dicono “Non so disegnare”, dall’altra noi adulti che sosteniamo che la creatività dei bambini è maggiore, più forte di quella degli adulti. Per Lev Semënovič Vygotskij, psicologo che ha lavorato sulla Teoria dello sviluppo socio-cognitivo a cavallo tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900, la «maggior libertà o ricchezza dell’immaginazione infantile», altro non è che la capacità dei bambini di “far tutto di tutto”. A questo proposito Bruno Munari, artista, designer, scrittore e forte conoscitore dell’infanzia per proprio interesse e per esperienza sul campo per tutto il ‘900, in Fantasia ci spiega: “Il bambino fa un’operazione molto semplice: proietta tutto ciò che sa su tutto quello che non conosce a fondo. [...] Per lui, che non conosce il mondo, qualunque cosa ha le stesse sue qualità: la palla grande sarà la mamma della palla piccola. [...] Questa non è fantasia, ma proiezione del proprio mondo noto su ogni cosa.” Munari dà inoltre una definizione di “fantasia” con queste parole: “la facoltà più libera delle altre” che «può anche non tener conto della realizzabilità o del funzionamento di ciò che ha pensato. È libera di pensare qualunque cosa, anche la più assurda, incredibile, impossibile.” La differenza sostanziale che passa tra un bambino e un adulto, per dirla con Jean Piaget, psicologo, biologo, pedagogista e filosofo svizzero, sta qui: “quello che impara un bambino nei primi anni di vita, resterà per sempre nella sua mente” (cfr. B. Restelli, Giocare con tatto). Il problema sta quindi nel come da adulti impariamo e dove vada a finire la nostra creatività nel dovere connettere tutto il nostro bagaglio di informazioni. E la fantasia??
Ma torniamo ai bambini...
Per Maria Montessori, educatrice, pedagogista, filosofa, medico e scienziata tra la fine del 1800 e la prima metà del ‘900, nel bambino sono “gli stimoli e non ancora le ragioni delle cose che attraggono la sua attenzione” (M. Montessori, La scoperta del bambino). Il bambino impara anche attraverso l’errore (altro elemento del quale sembra che in età adulta non ci si possa permettere di mantenere) e per imparare deve essere lasciato libero, deve acquisire l’indipendenza che gli permette di fare e di imparare da solo, per imparare ad imparare. l’infanzia è un periodo di enorme creatività, una fase in cui la mente del fanciullo “assorbe” da ciò che lo circonda le caratteristiche dell’ambiente, facendole proprie e crescendo attraverso esse, in modo naturale e spontaneo, senza compiere alcuno sforzo cognitivo.

Metodo

Per questo Munari mostra tutto il suo essere in accordo con Montessori sintetizzando il proprio metodo didattico in “non dire cosa fare, ma come”, “aiutami a fare da me”. Così come con John Dewey, filosofo e pedagogista statunitense nello stesso periodo di Montessori, che ha dedicato la propria assidua ricerca al rapporto fondamentale che intercorre tra conoscenza ed esperienza, per Munari la creatività non dipende tanto dalla quantità di conoscenze, ma dalla capacità di mettere in relazione le informazioni che si hanno in possesso, e questa competenza è resa possibile solo dalla PRATICA. Compito dell’adulto e in particolare degli educatori è proprio quello di porre le condizioni e gli stimoli corretti affinché il bambino possa fare pratica, allargare la propria conoscenza, aggiornarla: “Se vogliamo che il bambino diventi una persona creativa, dotata di fantasia sviluppata e non soffocata (come in molti adulti) noi dobbiamo quindi fare in modo che il bambino memorizzi più dati possibili, nei limiti delle sue possibilità, per permettergli di fare più relazioni possibili, per permettergli di risolvere i propri problemi ogni volta che si presentano” (cfr. Fantasia).
Altro autore che sarebbe impossibile non citare è Gianni Rodari scrittore, pedagogista, giornalista e poeta del ‘900, legato per altro a Munari per la condivisione della definizione di creatività. Per lo scrittore: È creativa una mente sempre a lavoro, sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti, che rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi (G. Rodari, La grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Torino). L’educazione per Rodari deve stimolare l’immaginazione, dove il punto di partenza è la realtà, l’esperienza, in un ambiente ricco di impulsi e stimoli diversi, dove il bambino possa percorrere tutte le direzioni possibili.

Strumenti

In Fantasia Munari definisce gli “strumenti” del suo lavoro: la fantasia, la creatività, l’immaginazione e l’invenzione, nonché i modi di interazione tra queste facoltà e i relativi metodi di stimolazione. Ciò vale non solo per quanto riguarda le possibilità di fruizione da parte del bambino, ma anche da parte dell’adulto, dell’educatore stesso, che deve essere in grado di fare della propria conduzione un’esperienza, una sperimentazione sempre più esperta, pur partendo dal presupposto che gli operatori debbano essere in grado di fornire in maniera competente le informazioni tecniche, sapendo dimostrare “come si fa a fare” in un ambiente “a misura di bambino”. Per comprendere lo sviluppo del bambino è necessario, come espresso da Piaget ne La psicologia del bambino, sapere osservare l’evoluzione delle sue percezioni; infine l’esempio è il mezzo più importante nell’educazione dei bambini, poiché “una verità imparata [...] non è che una mezza verità, la verità intera è quella che viene riconquistata, ricostruita, riscoperta dall’allievo da solo”; “l’imposizione è il peggiore dei metodi didattici”.
Far comprendere il mondo dell’arte è un ulteriore strumento che stimola lo sviluppo della fantasia, della creatività, dell’immaginazione e dell’invenzione. Anche attraverso l’imitazione: “Ci impossessiamo della piena importanza di un’opera d’arte solamente quando, nei nostri processi vitali, passiamo attraverso quegli stessi problemi che l’artista ha attraversato nel produrre la sua opera.” (Munari, Codice ovvio).
Per questo a Casa Atelier proponiamo anche laboratori d’arte: per approfondire l’idea di progetto, per sperimentare diverse soluzioni del problema, per imparare un metodo di studio, di ricerca e di “lavoro”.

Tracce

Molti degli atelier di Casa Atelier ritrovano nei titoli la parola “traccia”: una traccia può essere quanto lasciato a spiegare attraverso un gesto sul foglio o come testimonianza di un attraversamento, può essere qualcosa che ci indica una direzione, può essere una traccia di un artista che si fa léggere, interpretare, elaborare, ma anche un modo con cui un evento resta nella nostra memoria.
Perché Bruno Munari, Paul Klee, Mirò, Hundertwasser, Keith Haring, Pablo Picasso, Alexander Calder? Naturalmente questi sono solo alcuni degli artisti dei quali seguiamo le tracce, ma sono ottimi stimoli per imparare tecniche e riconoscerne l’importanza artistica e progettuale. Libri illeggibili, i ritorni alla fanciullezza, i mostri, i paesaggi che cambiano, i graffiti, i punti di vista, giostre dei colori…
Una traccia può essere anche un riferimento, che scegliamo di seguire per come ci viene proposto, che amiamo, sviluppiamo e rendiamo nostro attraverso quel che poi diverrà la nostra traccia lasciata.
Tutte queste tracce, e molte altre, sono quelle che in qualche modo hanno delineato e delineeranno il sentiero di Casa Atelier.

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