I "Non so disegnare" che ci appartengono


PAUL KLEE e i "NON SO DISEGNARE" che ci appartengono

Durante la festa del suo sesto compleanno vedo Sara a un tavolino di Casa Atelier che sta piangendo. Subito mi avvicino per chiederle il perché e lei mi indica il foglio che ha davanti a sé: lo guardo e sul foglio ci sono i primi tratti del disegno di un cavallo di profilo, schiena, sedere e una parte di testa. “E perché piangi?” le chiedo di nuovo. “Perché non so disegnare”.
Allora le porgo un fazzoletto chiedendole il favore di asciugare le lacrime a meno che non voglia disegnare un cavallo sotto la pioggia con tecnica futurista – della quale le ho ovviamente spiegato il principio del fenomeno di rifrazione e riproduzione della figura su più piani: “No, voglio disegnare un solo cavallo” – in effetti come non comprendere.
Facendole vedere la differenza tra le due, le consiglio una matita “grassa” al posto di quella “magra” che stava adoperando, e cominciamo.
“Hai mai visto un cavallo?”
“Sì”.
“Bene. E quanto è rotonda la pancia del cavallo?”
Disegnandola: “Così”.
“Quante zampe ha il cavallo?”
“Quattro, no?!!!...”
“E dove stanno le zampe?”
“Due di qua (indicando) e due di là” (là, non qua).
“E quanto sono lunghe le zampe per il pancione che ha questo cavallo?”
“Fino a … Qui!”
“Ora immagina, e guarda che non è facile: da dove parte l’altra?”… “E l’altra?”… “E l’ultima?”
“Così… Mamma mia quante zampe che ha il cavallo!”
“Ma ce le hanno le spalle i cavalli?”
“E certo, se no come fanno?!!”
“Ah ok.. Fammi vedere come sono fatte… “
“E dopo le spalle cosa c’è?”
Con la mano si contorce un po’ per farmi vedere: “Questa parte qua, sopra.. “
“Ma il cavallo sta mangiando o ti sta guardando?”
“Sta mangiando” (secondo me aveva paura di dover fare un altro disegno, di se stessa di fronte al cavallo, troppo…).
Dimentico che Sara ha sei anni appena compiuti e le chiedo: “A che forma somiglia il muso del cavallo?”
“Mmmm… Al muso del cavallo!”
“Bene, allora immagina la fronte…”
“Immagina il naso…”
“Poi la bocca… - ah sorride! Allora ha visto che stai arrivando! – e poi il collo”
“E com’è fatto l’orecchio di qua? … E l’altro, dove si attacca?...”
“E ora la coda: dove si attacca la coda del cavallo alla schiena che hai disegnato?”
“Qui”.
“Bene, disegnala: di quanti fili è fatta la coda di un cavallo?”
“Mille”.
“Bene disegnali”.
Comincia e…: “Ma dai! Non posso disegnare mille fili!!”
“Allora disegnane cento…”
“Ma sono troppi lo stesso!!”
“Allora disegna tanti fili… Ma ogni filo com’è fatto?”
Per farmi vedere li disegna e mi spiega: “La coda è fatta così: ogni ciocca è una striscia di matita “grassa””.
Questo si chiama arte.

Alla fine del disegno del cavallo Sara si diletta nello sfondo come fosse la cosa più facile al mondo. Io le porto un libro con alcuni dipinti di Paul Klee, raccontandole che lui ha dovuto impiegare anni e fatica per imparare da suo figlio a disegnare come faceva lui stesso quando era piccolo. Quel che infine ho detto a Sara, e che voglio dire a tutti (me inclusa ovviamente), è di non pensare più di non sapere disegnare, “e non dimenticare mai come disegni oggi, perché solo così quando sarai grande farai meno fatica”.

Non ho più il disegno di Sara, che ovviamente dopo tante emozioni ha voluto attaccarselo in stanza, ma ho due dipinti di Paul Klee - che pubblico di seguito - in ricordo di questo momento: Cavalli selvaggi addomesticati (1923) e Angelo nell’asilo infantile, Paul Klee, 1939 (aveva 60 anni)

 



 


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